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No Profit

Kasya è salva! Trasferita in una nuova struttura.

Alcune volte le storie che sembrano impossibili trovano una soluzione. Questo molto spesso dipende dall’impegno delle persone coinvolte, dalla capacità di non fermarsi di fronte a ostacoli che sembrano insormontabili.

Quella di Kasya, una delfina che era rimasta da sola in una vasca del delfinario di Teheran, è una di queste e merita di essere raccontata. Sperando che possa essere per lei l’inizio di una nuova vita, che potrebbe anche riportarla in libertà.

La delfina solitaria stava morendo

La delfina, che stava morendo di solitudine nel Milad Tower’s Dolphinarium di Teheran ormai dismesso, è giunta dopo molti sforzi in una struttura, il Kish Dolphin Park, a Kish Island, nel Golfo Persico. Si tratta sempre di un delfinario, ma potrebbe essere solo una struttura di transito, prima della sua liberazione definitiva. I suoi salvatori credono, infatti, che Kasya si trovi in cattività da un periodo non così lungo da precludere l’ipotesi che un giorno non lontano possa ritornare in mare, libera.

C’è voluto un anno per ottenere questo risultato, ottenuto grazie all’impegno di molte persone, che hanno reso possibile strappare Kasya dalla morte certa. La solitudine l’aveva portata piano piano a smettere di alimentarsi e di nuotare, e il delfino sembrava proprio volersi lasciar morire.

Qualcuno potrebbe pensare che non valga la pena di fare tanti sforzi per salvare un solo delfino, ma la realtà dimostra che non è così. È grazie a queste storie che l’opinione pubblica guarda sempre più con un occhio diverso la vita degli animali, comprendendo che catturarli in natura per tenerli in cattività, solo per far divertire il pubblico, sia un comportamento eticamente inaccettabile.

I motori italiani di questa operazione sono stati Massimo Vacchetta, il fondatore del Centro recupero ricci La Ninna e Carmen Aiello, dell’associazione Salviamo gli Orsi della lunaun’associazione italiana che supporta le attività di Animals Asia, organizzazione nota in tutto il mondo per il suo impegno nel salvare gli orsi dal collare, imprigionati nelle fattoria della bile.

Ma molte altre persone hanno reso possibile questa operazione di salvataggio: il veterinario iraniano Amir Shirazin, direttore dell’Iran Caspian Seal Conservation Center, e del collega russo Ivan Zatsepilov, che si è preso cura di Kasya, all’interno del delfinario chiuso di Teheran, fino al suo trasferimento.

Un evento che probabilmente non sarebbe stato possibile senza l’attenzione e la sensibilità del console iraniano a Milano, Daryoush Sowlat, ma anche di una delle più famose attrici iraniane, Mitra Hajjar, e di molte persone che, a vari livelli, hanno collaborato per il raggiungimento dell’obiettivo.

Sostieni la nostra amica Kasya, le servono ancora tante cure ed attenzioni prima di essere liberata e tornare in libertà.

Una questione ancora aperta

Non nascondono la loro soddisfazione i motori italiani di questa operazione, Massimo Vacchetta e Carmen Aiello che non hanno soltanto speso le loro energie, ma hanno anche sostenuto economicamente il trasferimento di Kasya, che diversamente non sarebbe stato possibile.

«Siamo molto felici di aver ottenuto oggi questo risultato, dopo estenuanti incertezze, grazie agli sforzi congiunti di persone appartenenti a culture, religioni ed etnie diverse, e alla collaborazione delle autorità iraniane» dichiara Massimo Vacchetta. «La storia di Kasya merita compassione e solidarietà. La generosità della gente sarà fondamentale ora per trovare i fondi necessari al mantenimento di Kasya nel delfinario dell’isola di Kish e poi per pagare il volo verso il centro di riabilitazione, da dove sarà possibile restituirla alla libertà».

La riuscita di questa operazione lascia comunque aperta la questione sulle strutture di cattività per i cetacei, molti dei quali arrivano nei delfinari dopo essere stati catturati nella famigerata baia di Taiji in Giappone, dove ogni anno si ripete la mattanza di questi splendidi mammiferi marini.

In tutto il mondo le associazioni per la tutela dei diritti degli animali chiedono da tempo la definitiva chiusura delle strutture che tengono cetacei in cattività. Ritenendo la detenzione di delfini e orche, costretti a vivere in vasche piccole e disadorne, una cattività inaccettabile e crudele dove l’addestramento e lo spettacolo rappresentano l’unico diversivo per questi animali, che in natura sono invece abituati a solcare i mari percorrendo distanze lunghissime, vivendo in branchi e comunicando fra loro con complessi linguaggi che sono tutt’ora oggetto di studi.

Mammiferi intelligenti e sociali che non dovrebbero dover trascorrere un’esistenza il cui unico scopo sia quello di divertire il pubblico, che per fortuna è sempre meno disposto ad assistere alle loro esibizioni forzate.

 

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